Tatyana Sherman, DO; Yasmin Qureshi, DPT, MHS; Austin Bach, DO, MPH
Articolo originale in inglese pubblicato in The Journal of the American Osteopathic Association, September 2017 Vol. 117, 568-575. Link all’articolo originale: http://jaoa.org/article.aspx?articleid=2652669
Il presente articolo prende in analisi alcune condizioni oftalmiche (la dacriostenosi, l’oftalmopatia di Graves, la cheratocongiuntivite sicca, la cefalea derivata dall’astenopia e l’ipertensione oculare), il loro trattamento standard attuale e le tecniche OMT che potrebbero rivelarsi utili nella gestione di ognuna di esse.
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Dacriostenosi
La dacriostenosi congenita o acquisita è un’ostruzione del sistema di drenaggio nasolacrimale.
La forma congenita è la causa più comune di epifora e secrezioni oculari nel 20% neonati e deriva dal malallineamento delle ossa craniche oppure della canalizzazione incompleta del cordone epiteliale nasolacrimale nell’utero. La causa più comune della dacriostenosi congenita nei neonati è la mancata canalizzazione della membrana della plica lacrimale (valvola di Hasner), una struttura anatomica che ricopre l’apertura della cavità nasale nel meato inferiore.
La dacriostenosi acquisita è spesso causata dalla stenosi senile del dotto nasolacrimale. Tra le altre cause si possono includere una precedente frattura delle ossa nasali o facciali, interventi chirurgici ai seni paranasali, malattie infiammatorie come la sarcoidosi e la granulomatosi con poliangioite, tumori che coinvolgono i seni etmoidei o mascellari, dacriocistite e alcuni trattamenti farmacologici (in particolar modo gli agenti chemioterapici come il fluorouracile, il docetaxel e la idoxuridina).
Il trattamento di prima scelta per la dacriostenosi congenita è il massaggio nasolacrimale, tecnica non invasiva eseguita tramite l’applicazione di una pressione sul sacco lacrimale per forzare il passaggio delle lacrime nel dotto nasolacrimale e aiutare la rottura della plica lacrimale membranosa. Nella maggioranza dei casi il problema si risolve spontaneamente oppure dopo l’esecuzione del massaggio da parte dei familiari. Tuttavia se i sintomi persistono oltre i 6 mesi e fino ai 12 si rende necessario l’esplorazione chirurgica del dotto nasolacrimale.
La gestione della dacriostenosi acquisita dovrebbe concentrarsi, quando possibile, sui disturbi che stanno alla base della malattia. Se non fosse possibile o risultasse inefficace può essere eseguita una tecnica chirurgica che consiste nella creazione di un passaggio tra il sacco lacrimale e la cavità nasale.
Nella gestione della dacriostenosi dovrebbero essere prese in considerazione le tecniche di OMT.
Il lift delle ossa craniche può alleviare lo stress che grava sull’osso lacrimale da parte delle ossa circostanti (mascellare, frontale, sfenoide, zigomatico, palatino, lacrimale controlaterale ed etmoide). Decomprimendo queste articolazioni ossee il canale nasolacrimale potrebbe diventare più aperto e drenare più facilmente. Alcune tecniche potrebbero lavorare sulle restrizioni muscolari, migliorare l’equilibrio del sistema autonomo e aiutare il riallineamento e il ripristino della funzione del dotto lacrimale.
La gestione della dacriostenosi mediante tecniche OMT dovrebbe includere il trattamento delle restrizioni dell’osso frontale con un lift frontale, la valutazione delle ossa mascellari e zigomatiche per individuare disfunzioni in rotazione interna ed esterna, e il loro trattamento rispettivamente con tecniche OMT intraorali o extraorali.
Le tecniche possono essere applicate anche alle restrizioni muscolari della porzione palpebrale del muscolo orbicolare dell’occhio che si contrae spingendo le lacrime dal globo oculare lateralmente attraverso il dotto nel sacco lacrimale.
Il lift delle ossa craniche e le tecniche fasciali applicate alle ossa frontali, nasali, zigomatico maggiore e minore, muscolo orbicolare, muscolari periorbitali e apparato fasciale dell’occhio, possono migliorare il bilanciamento del sistema autonomo dell’orbita.
Il muscolo orbicolare dell’occhio è innervato dai rami temporale e zigomatico del nervo facciale che esce in corrispondenza del foro stilomastoideo.
La divisione oftalmica del nervo trigemino, il quale fornisce innervazione efferente alla ghiandola lacrimale, esce dal cranio attraverso la fessura orbitaria superiore.
I nervi efferenti parasimpatici corrono dal tronco encefalico attraverso il canale pterigoideo, le fibre nervose creano sinapsi nel ganglio sfenopalatino e le fibre postgangliari escono attraverso la fessura orbitaria inferiore.
Di conseguenza l’utilizzo di tecniche OMT per le restrizioni ossee e miofasciali di queste aree può migliorare il bilanciamento del sistema autonomo.
Inoltre il trattamento degli strain miofasciali può migliorare il drenaggio linfatico tramite la normalizzazione degli effetti simpatici sui vasi linfatici.
La tecnica spread di nasion aumenta il movimento tra le ossa frontali e nasali mediante l’applicazione di una pressione su ogni osso disarticolandoli l’uno dall’altro. Questa tecnica può alleviare alcune tensioni che potrebbero essere alla base della restrizione del flusso.
Oftalmopatia di Graves
L’oftalmopatia di Graves è una malattia infiammatoria autoimmune dell’occhio e dei tessuti orbitali, spesso associata al malfunzionamento della tiroide ed è la malattia più comune dell’orbita.
L’oftalmopatia di Graves è associata all’ipertiroidismo, ma può colpire anche pazienti con ipotiroidismo dovuto alla tiroidite di Hashimoto o pazienti con eutiroidismo.
I tessuti orbitali e periorbitali sono infarciti da depositi patologici di glicosaminoglicani, infiltrazione di cellule linfocitiche, rigonfiamento dei tessuti peribulbari, fibrosi dei muscoli extraoculari e adipogenesi dell’orbita: l’aumento del volume dei tessuti orbitali porta a un indebolimento del flusso venoso e alla protrusione dell’occhio conosciuta con il nome di proptosi.
Altre manifestazioni oculari possono essere la retrazione della palpebra, l’edema periorbitale, l’ispessimento dei muscoli extraoculari che causa una motilità alterata dell’occhio con conseguente diplopia, diminuzione della vista a colori, perdita del campo visivo e diminuzione dell’acutezza visiva.
Uno dei sintomi più comuni dell’oftalmopatia di Graves sono gli occhi secchi trattati con la prescrizione di colliri. Altri trattamenti si concentrano sul controllo della natura infiammatoria della malattia e pertanto si utilizzano corticosteroidi, radioterapia a fasci esterni e agenti immunosoppressori.
Possono rendersi necessari interventi chirurgici per i pazienti affetti da grave infiammazione o da neuropatia ottica compressiva. Inoltre è importante monitorare i pazienti con oftalmopatia di Graves per individuare un’eventuale diminuzione della vista causata da cheratite e da neuropatia ottica compressiva.
Tutte queste misure hanno l’obiettivo di controllare la malattia piuttosto che risolverne la causa.
Anche se non esiste alcuna cura per l’oftalmopatia di Graves alcune tecniche OMT possono rivelarsi efficaci nell’alleviarne i sintomi.
Poiché questa patologia può condurre alla neuropatia ottica compressiva, le tecniche in grado di diminuire la compressione in quest’area possono portare dei benefici.
Lavorare sulle restrizioni dell’osso sfenoide attraverso l’identificazione e la gestione degli schemi di strain craniale della sinfisi sfenobasilare può diminuire la compressione del nervo ottico.
La tecnica spread di nasion potrebbe diminuire la congestione e aumentare il drenaggio anche nelle aree orbitaria e periorbitale (comunicazione scritta, New York Institute of Technology College of Osteopathic Medicine Laboratory, 2013).
Allo stesso modo, la tecnica di drenaggio dei seni venosi migliora il drenaggio intracranico, incluso quello della regione periorbitale, e di conseguenza riduce la compressione del nervo ottico.
Inoltre le tecniche linfatiche OMT per la testa e il collo possono rivelarsi utili nel drenaggio dell’accumulo di mediatori infiammatori nell’orbita.
Il trattamento delle disfunzioni della zona cervicale, dell’articolazione occipito-atlantoidea e del muscolo sternocleidomastoideo permetterà inoltre il drenaggio dai seni venosi attraverso la vena giugulare interna nella cavità toracica.
Il bilanciamento delle tensioni legamentose può essere utilizzato anche per promuovere il drenaggio della vena oftlamica. Tale tecnica può essere impiegata nel trattamento dell’orbita al fine di risolvere gli strain facciali correlati all’oftalmopatia.
Cheratocongiuntivite sicca
La cheratocongiuntivite sicca, ossia la sindrome dell’occhio secco, è la condizione più comune trattata dagli oftalmologi. I sintomi includono bruciore o secchezza degli occhi, sensazione di corpo estraneo, diminuzione della vista ed epifora.
Esistono quattro tipi di secrezioni: riflessa, basale, indotta e psicogena. La via riflessa, controllata primariamente dall’innervazione parasimpatica della ghiandola lacrimale principale, è quella che maggiormente trae benefici dalle tecniche OMT.
I neuroni pregangliari della via parasimpatica originano dal nucleo lacrimatorio all’interno della porzione tegmentale del ponte per poi unirsi con la porzione di nervo intermedio del nervo facciale. Queste fibre parasimpatiche si separano per diventare il nervo petroso superficiale che si congiunge poi con il nervo petroso profondo formando il nervo vidiano. Il nervo vidiano passa direttamente al ganglio sfenopalatino dove gli assoni lacrimali pregangliari formano sinapsi con i neuroni secretomotori postgangliari. I neuroni secretori postgangliari lasciano il ganglio sfenopalatino per inserirsi immediatamente nella divisione mascellare del nervo trigemino. Tali nervi parasimpatici inducono la lacrimazione attraverso una via ciclica di trasduzione dei segnali dipendente dall’adenosina monofosfato.
Attualmente esistono diversi trattamenti raccomandati per il sollievo sintomatico della cheratocongiuntivite sicca come l’igiene della palpebra, le lacrime artificiali, le pomate lubrificanti e gli immunomodulatori. Infine, qualora questi metodi non dovessero funzionare, esistono varie procedure chirurgiche da prendere in considerazione.
Le fibre postgangliari del ganglio sfenopalatino forniscono l’innervazione simpatica alla ghiandola lacrimale e stimolano la lacrimazione, pertanto una tecnica intraorale di rilascio sfenopalatino che ha come obiettivo il rilassamento della fascia che circonda il ganglio sfenopalatino potrebbe rivelarsi efficace nell’aiutare la secrezione lacrimale. I gangli sono localizzati nelle aree superiore, posteriore e laterale della laringe e possono essere rilasciati manualmente mediante tecniche miofasciali dirette o indirette. Solitamente la tecnica di rilascio sfenopalatino causa un’immediata secrezione lacrimale. Poiché i gangli sfenopalatini ricevono innervazione parasimpatica dal nervo facciale e contengono fibre sensitive dal nervo trigemino il rilascio della fascia intorno al ganglio normalizza l’attività parasimpatica e le componenti sensoriali del trigemino. Come conseguenza la tecnica può stimolare la secrezione riflessa facendo quindi lacrimare la ghiandola.
Cefalea causata dall’astenopia
L’astenopia, o stanchezza dell’occhio, è il termine usato per descrivere sintomi non specifici che compaiono in seguito all’utilizzo protratto degli occhi. Le cause più comuni includono la lettura prolungata o l’uso eccessivo del computer, l’illuminazione inadeguata, la secchezza oculare, la presbiopia e gli errori refrattivi non corretti.
I sintomi dell’astenopia includono la visione offuscata, l’irritazione o il bruciore degli occhi, la cefalea, la diplopia e la fotofobia.
Le raccomandazioni attuali nella gestione dell’astenopia prevedono la correzione della distanza tra il paziente e lo schermo del computer o il materiale di lettura e della luminosità e del contrasto degli schermi, il movimento consapevole delle palpebre e l’interruzione di lunghi periodi di concentrazione degli occhi.
Per evitare l’uso eccessivo degli antidolorifici che possono avere effetti collaterali, le tecniche OMT come la decompressione condilare potrebbero essere un’alternativa efficace nella gestione dei sintomi della cefalea. Il bilanciamento delle tensioni legamentose può risultare utile nella gestione dei sintomi della cefalea poiché è in grado di rilassare le connessioni fasciali della muscolatura extraoculare sovraccarica ( Fig 5 ).
Ipertensione oculare
L’ipertensione oculare, definita come pressione intraoculare (intraocular pressure, IOP) maggiore di 21 mm Hg, non presenta le alterazioni tipiche del glaucoma. Tuttavia la IOP elevata è uno dei fattori di rischio più comuni nello sviluppo del glaucoma, maggiore causa di cecità irreversibile.
Pertanto è cruciale monitorare attentamente l’ipertensione oculare per diminuire il rischio di danni al nervo ottico o di perdita della vista.
L’attuale protocollo di gestione include l’abbassamento della IOP mediante gocce oculari e la trabeculoplastica laser. Anche se Kass et al. nel 2002 non hanno consigliato l’assunzione di farmaci da parte di tutti i pazienti con pressione intraoculare al limite o elevata, hanno comunque raccomandato ai medici di iniziare il trattamento dei pazienti affetti da ipertensione oculare che presentano un rischio da moderato a elevato di sviluppare il glaucoma primario ad angolo aperto.
Sebbene esistano poche ricerche sui benefici apportati dalle tecniche OMT nei casi di ipertensione oculare e glaucoma, le teorie riguardanti la loro potenziale utilità sono discusse da molti anni. Nel 1988 William G. Sutherland DO ha affermato: «nel caso del glaucoma si potrebbe sostenere che l’accumulo di fluidi indica una condizione di restrizione membranosa che colpisce il ritorno venoso in un punto lungo la parete membranosa intracranica del seno cavernoso oppure nelle pareti del seno petroso».
Le tecniche OMT dovrebbero concentrarsi sul miglioramento delle disfunzioni ossee, muscolari, membranose, simpatiche e parasimpatiche per migliorare la microcircolazione dell’occhio. La costrizione della fessura orbitaria superiore, la congestione venosa intracranica, la disfunzione del seno cavernoso e la tensione cranio- cervicale o cervico-toracica possono ridurre il flusso sanguigno tramite le vene oftalmiche superiori, mentre la congestione del plesso pterigoideo può compromettere il flusso attraverso le vene oftalmiche inferiori.
Il miglioramento della microcircolazione nella retina e nel nervo ottico è cruciale per il bilanciamento delle fluttuazioni della pressione intraoculare, pertanto il trattamento rivolto a queste aree di restrizione può portare a una diminuzione della pressione intraoculare.
Alcuni studi hanno mostrato una significativa diminuzione della pressione intracranica in pazienti affetti da glaucoma in seguito all’applicazione di tecniche miofasciali sulla regione cervicale e toracica superiore.
Oltre alle tecniche OMT precedentemente menzionate che riducono la congestione venosa possono essere utilizzate anche la tecnica Cant Hook e quella di Ruddy.
La tecnica Cant Hook può essere impiegata nel rilascio della fessura orbitaria superiore per migliorare il flusso della vena oftalmica superiore. Tale tecnica opera mediante una leva che può essere applicata su varie suture craniali. Poiché i confini della fessura orbitaria superiore sono costituiti dalle ossa sfenoide e frontale, il rilascio della sutura sfeno-frontale può aprire il forame migliorando così il flusso della vena oftalmica superiore che lo attraversa. La tecnica richiede di disincastrare il complesso formato dal corpo dello sfenoide e dalle piccole ali da quello delle grandi ali e del processo pterigoideo fino a quando non si raggiunge il bilanciamento della tensione membranosa tra queste due aree.
La tecnica di Ruddy (Figura 7) può risultare utile in quanto migliora la fluttuazione dell’umore acqueo.
In questa tecnica l’operatore deve opporre resistenza al movimento attivo del paziente di contrazione dei muscoli oculari a una velocità di 60 escursioni per minuto o a quella del proprio battito cardiaco. Lo scopo di questa contrazione ripetitiva e veloce è di influenzare il movimento e la circolazione del sangue, della linfa e dei fluidi tissutali verso le aree disfunzionali. Alcuni gruppi di ricerca hanno confermato un netto miglioramento della pressione intraoculare in un arco di tempo tra i sei minuti e un’ora dopo il trattamento.
Conclusione
I processi patologici hanno numerose alternative di gestione ma gli osteopati possiedono lo strumento aggiuntivo delle tecniche OMT. Uno dei fondamenti della medicina osteopatica è il concetto che il corpo sia stato creato con l’innata abilità di guarire e auto-regolarsi, pertanto la gestione delle disfunzioni somatiche mediante tecniche OMT dovrebbe essere sempre il trattamento di prima scelta quando possibile.
Nonostante esistano pochi studi sugli effetti delle tecniche OMT nelle problematiche oftalmiche, i principi generali della medicina osteopatica possono essere applicati anche all’occhio.
Sono necessarie ulteriori ricerche per supportare queste opzioni di trattamento e per valutare il ruolo delle tecniche OMT come potenziale trattamento conservativo utilizzato dagli oftalmologi.