L’influenza dell’intenzione del terapeuta sui tessuti del paziente

La Tesi di Christian Bérubé, D.O., presentata nel Giugno 2008 – Premio Louisa Burns in ricerca fondamentale.

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Ho dedicato gli ultimi due anni a studiare, durante la mia tesi, temi che si potrebbero qualificare come “non convenzionali”. Queste ricerche mi hanno fatto fare dei passi in avanti e mi hanno permesso di accettare molte nozioni che un tempo io avrei vivamente rifiutato. Nello stesso tempo, molti fenomeni strani che possiamo sperimentare nel nostro quotidiano e nella nostra pratica hanno perso parte del loro mistero. E’ dunque, per me, la maniera di concepire il mondo che è cambiata e questa nuova comprensione del mondo mi spinge verso più armonia e più serenità. Ho potuto anche constatare che in questo campo molti individui dedicano la loro vita alla ricerca: personalmente, io preferisco dedicarmi all’integrazione di tutte queste esperienze.

Ipotesi

L’intenzione del terapeuta ha una influenza normalizzante sulla sinfisi sfeno-basilare (SSB ) del paziente attraverso una presa classica a quattro dita in riferimento ai criteri di posizione, motilità e vitalità.

Introduzione

l lavoro in osteopatia si fa essenzialmente tramite delle manipolazioni, ma si avvale anche di diversi processi che hanno luogo nell’intimo del terapeuta. Per migliorare l’efficacia del trattamento terapeutico si evocano a volte nozioni come la centratura, la presenza, e rilasciare le proprie tensioni. Alcune di queste nozioni fanno appello a processi che si svolgono nel mondo interiore del terapeuta, il più delle volte nel suo spirito e nel suo cuore. La pratica dell’osteopatia ci mostra, a tutt’oggi, che questi processi interiori sembrano permetterci di compiere un lavoro più profondo nei pazienti. Questi concetti sono in genere bene accettati dagli osteopati, ma rimane ancora da determinare fino a che punto possano favorire dei cambiamenti osservabili. Sebbene l’intenzione del terapeuta sia uno dei processi più importanti, essa è generalmente poco approfondita in osteopatia. 

Noi abbiamo dunque scelto l’intenzione come soggetto di studio, al fine di stabilire se l’intenzione del terapeuta abbia una influenza sui tessuti del paziente e se questa influenza sia sufficientemente grande da essere osservata e misurata e capire i meccanismi che permettono questo fenomeno e scegliere i fattori che permettono di ottimizzare il ricorso all’intenzione.
Abbiamo voluto verificare se l’intenzione può, da sola, senza manipolazione, indurre un cambiamento degno di interesse.
Dobbiamo specificare che noi siamo interessati all’intenzione come fattore sottostante ad un lavoro di manipolazione osteopatica, non ad un approccio basato solo sul lavoro attraverso l’intenzione. Tuttavia, per misurare bene questo fattore, abbiamo dovuto isolarlo, cioè abbiamo dovuto procedere alla sperimentazione senza ricorrere a manipolazioni osteopatiche.
Questo studio è interessante per più aspetti. Prima di tutto trova corrispondenza nel lavoro che tutti i giorni tutti gli osteopati fanno con tutti i loro pazienti. Tutte le volte che noi siamo a contatto con i nostri pazienti, si attivano in noi dei processi mentali: vedremo quindi se orientare intenzionalmente questi processi verso uno scopo terapeutico è realmente di beneficio. Inoltre questo studio permette di capire determinati meccanismi dell’intenzione ma, nello stesso tempo, di capire che questi meccanismi possono spiegare altri fenomeni che noi sperimentiamo a volte in osteopatia e nella vita, tra i quali la percezione a distanza, l’intuizione o le sensazioni fisiche che noi abbiamo a volte durante i trattamenti e che corrispondono ai disagi dei pazienti. Infine, noi crediamo che smitizzando l’intenzione e alcuni altri fenomeni, noi permetteremo ai lettori di integrare queste nozioni per poterle sperimentare coscientemente e approfondirle.

Siccome l’intenzione non è un fenomeno specifico dell’osteopatia, abbiamo scelto di rivolgerci a tre campi diversi per delinearne i contorni: la fisica quantistica, la spiritualità e l’osteopatia.



In osteopatia, abbiamo trovato poche fonti che approfondiscono veramente l’argomento: a parte Pierre Tricot, sono rari gli osteopati che lo affrontano. In spiritualità si trovano più informazioni, ma da sole possono difficilmente essere considerate sufficientemente solide per una ricerca di questo tipo ; tuttavia vanno fortemente ad appoggiare e a spiegare ciò che attualmente si scopre grazie alla fisica quantistica. E’ quest’ultimo campo che ci fornisce le maggiori informazioni. La non localizzazione, l’osservazione che determina lo stato, l’informazione presente nel vuoto quantistico, il modello olografico, tutte queste nozioni ci portano a comprendere che le diverse costituenti del nostro mondo non possono essere dissociate e sarebbe tra l’altro grazie a queste nozioni che si potrà spiegare se l’intenzione possa avere una influenza sul mondo.
Cessando di concepire il mondo come separato da noi abbassiamo la barriera che ce ne separa e cominciamo a comprendere la vera natura del legame che ci unisce. Noi siamo legati gli uni agli altri come le gocce d’acqua nell’oceano. L’onda non è un fenomeno fuori di noi, siamo tutti noi che la viviamo e la trasmettiamo. Tutti noi. Così, l’intenzione non è veramente un fenomeno che proiettiamo fuori da noi, ma piuttosto qualche cosa che noi viviamo e dunque, nello stesso tempo, che noi condividiamo.

E’ ciò che hanno confermato vari studi che sono stati presentati all’insegna della fisica quantistica. Sia che si tratti di William Tiller che con la sua intenzione modifica il pH dell’acqua, favorisce la crescita delle drosofile o aumenta l’attività di un enzima del fegato, sia che si tratti di William Braud che rallenta l’emolisi, influenza gli spostamenti di esseri viventi, i loro movimenti muscolari, le loro frequenze cardiaca e respiratoria, o che si tratti di Glen Rein che arriva a srotolare le eliche del DNA, o di Dean Radin che studia gli effetti dell’intenzione su intere popolazioni o Lynne McTaggart che attualmente fa ricorso a masse di individui per creare delle intenzioni potenti, tutti giungono alla stessa conclusione: noi giungiamo a realizzare tutte queste cose e molte altre perché la separazione tra noi e il mondo è solo apparente. 

Metodologia

Per questa ricerca è stato necessario in tutto un anno e mezzo di lavoro. Durante questo periodo, abbiamo proceduto ad uno studio clinico in doppio cieco su 126 pazienti reclutati nella clinica in cui lavoravamo e in diverse strutture di nostra conoscenza ; sono stati fatti due gruppi, uno sperimentale di 64 pazienti al quale abbiamo applicato un trattamento con l’intenzione attiva ed un gruppo di controllo di 62 pazienti al quale è stato applicato un trattamento in assenza di intenzione riducendo il più possibile il dialogo con i tessuti.
La nostra popolazione non doveva presentare alcuna caratteristica particolare in modo da essere rappresentativa della clientela generale in osteopatia. Per misurare obiettivamente i cambiamenti che stavamo per ottenere, abbiamo fatto appello ad una valutatrice dottoranda in osteopatia. Lei ha dovuto dapprima superare una prova di convalida palpatoria dato che la sua palpazione costituiva il nostro unico strumento di misura. Poiché volevamo misurare la reazione dei tessuti a livello del cranio dei pazienti, sono stati stabiliti alcuni criteri di esclusione (essere in trattamento farmacologico per problemi fisici o psicologici, avere avuto un intervento chirurgico a livello cranico, avere ricevuto un trattamento osteopatico nelle ultime due settimane).
La risposta dei tessuti è stata valutata in termini di posizione della SSB, di motilità(flessione/estensione) e di vitalità(espansione/retrazione).

L’approccio nei due gruppi era lo stesso eccetto la messa in atto dell’intenzione veicolata al momento della correzione. Tutti i pazienti sono stati trattati una sola volta. Al momento di questo incontro, la valutatrice faceva l’anamnesi e procedeva alla valutazione della SSB dei pazienti.
In seguito abbiamo proceduto personalmente alla correzione con l’intenzione mantenendo le mani completamente immobili sulla testa del paziente per otto minuti (dopo cinque minuti lo scambio che si faceva con il paziente era ancora attivo e dopo dieci minuti lo scambio ci sembrava meno dinamico).
Con il gruppo sperimentale abbiamo proiettato una intenzione normalizzante verso la SSB stabilendo un contatto interiore con l’essenza del paziente, mantenendo un dialogo interiore con un fulcro sano nel tessuto del paziente, visualizzando la normalità, immersi in un sentimento di unità e d’amore e lasciando agire una forza più grande di noi. Con il gruppo di controllo abbiamo tentato il più possibile di ridurre ogni forma di contatto con i pazienti mantenendo una dissociazione tra noi e loro, fissando lo sguardo su una tazza di porcellana, ripetendo mentalmente “no” per ridurre ogni contatto e ogni scambio possibile e visualizzando le nostre dita come i denti di un rastrello metallico.
La valutatrice veniva poi a riprendere i parametri per determinare se erano avvenuti cambiamenti.

Analisi dei risultati

Con questo approccio, siamo giunti ad avere una influenza normalizzante sulle nostre tre variabili sia nel gruppo sperimentale, che nel gruppo di controllo. E’ dunque lo scarto tra i risultati dei nostri due gruppi che permette di determinare se c’è stata una influenza reale o no nell’intenzione.

Per quanto riguarda la motilità, lo scarto tra i nostri due gruppi ci permette di affermare che abbiamo avuto una influenza normalizzante sufficiente per parlare di risultati statisticamente significativi ( p= 0.037). Per le variabili di vitalità (p=0.091) e di posizione (p=1.000), benché lo scarto sia stato insufficiente per parlare di risultati significativi, abbiamo potuto osservare nel gruppo sperimentale una tendenza ad ottenere dei risultati superiori a quelli del gruppo di controllo.
I tre grafici seguenti permettono di constatare che le curve di miglioramento delle nostre tre variabili sono tutte più elevate nel gruppo sperimentale che nel gruppo di controllo.


Medie marginali stimate di Motilità

C’è da notare che quest’ultima tavola presenta la diminuzione di gravità dei gradi delle posizioni della SSB a secondo che passino da non fisiologici senza rispetto degli assi a fisiologici.

Analizzando ogni grado separatamente, abbiamo avuto la sorpresa di constatare che sono le compressioni quelle che hanno presentato più miglioramenti.

Abbiamo anche misurato il miglioramento della posizione quando questa non progrediva di un grado intero. Anche in questo caso abbiamo ottenuto una tendenza leggermente migliore con il gruppo sperimentale. In più abbiamo paragonato la grandezza dell’effetto dei nostri risultati con i risultati di diverse metaanalisi con l’aiuto della r di Rosenthal.

Medie marginali stimate di Vitalità

Mentre la grandezza abituale dell’effetto dell’intenzione varia tra 0,22 e 0,25, abbiamo ottenuto r= 0,26 per la motilità e r=0,22 per la vitalità.

Abbiamo infine avuto la sorpresa di vedere che la nostra valutatrice era in grado di distinguere i pazienti trattati dai pazienti non trattati appena li toccava. Questa percezione della valutatrice è risultata esatta nell’82% dei casi con un valore p< 0,001.

Considerando i nostri dati in funzione della percezione della valutatrice, otteniamo delle differenze statisticamente significative per le nostre tre variabili. I nostri risultati ci hanno anche permesso di osservare un leggero miglioramento dell’efficacia dell’intenzione dello sperimentatore durante le dodici giornate di esperimento. Questo concorda con la letteratura che dice che l’intenzione guadagna in efficacia con la pratica.

Medie marginali stimate di Grado

NB:
Grado 4
: compressione (con o senza vitalità)
Grado 3
: lesione non fisiologica senza rispetto degli assi (strain verticale, strain laterale traumatico.
Grado 2
: lesioni non fisiologiche con rispetto degli assi (strain verticale, strain laterale membranoso, SBR )
Grado 1
: lesioni fisiologiche (flessione, estensione, torsione)
Grado 0
: normalità

Discussione

La prima cosa da dire è che noi abbiamo notato in letteratura una certa tendenza ad esagerare gli effetti dell’intenzione e della coscienza. Se la letteratura scientifica rimane rigorosa, gli scritti popolari che ne derivano hanno tendenza ad amplificare e ad estrapolare gli effetti dell’intenzione sul mondo che ci circonda.
Sebbene effetti reali possano essere osservati in diverse situazioni, questi effetti non hanno necessariamente l’ampiezza che la letteratura popolare lascia intendere anche se, visto che gli effetti dell’intenzione aumentano con la pratica, noi possiamo supporre che questi possano raggiungere dei livelli superiori a ciò che sono oggi.

L’efficacia dell’intenzione che aumenta con la pratica potrebbe spiegare parzialmente l’incremento di “forza” che si percepisce nel lavoro di certi osteopati di esperienza, così come i risultati sorprendenti che essi a volte riescono ad ottenere.

Il fatto che la nostra valutatrice giungeva a sapere dal contatto con la testa del paziente se questo era stato trattato o no, ci indica che ci sono delle informazioni che sembrano passare attraverso vie che noi non siamo arrivati chiaramente ad identificare. I dettagli a questo proposito ci rivelano però che quando la valutatrice si lasciava guidare da osservazioni oggettive per determinare se il paziente era stato trattato o no il suo tasso di successo diminuiva considerevolmente, mentre aumentava quando si fidava solo delle sue impressioni.
Questo sembra confermare che l’intrusione del mentale può essere un ostacolo allo scambio di informazioni sottili.

Col nostro gruppo di controllo, abbiamo adottato un approccio in cui tentavamo di tagliare il più possibile tutti gli scambi tra lo sperimentatore e il paziente. Gli studi ci hanno mostrato che è impossibile essere in uno stato di neutralità perfetta. Anche in ciò che è più vicino alla neutralità, c’è uno scambio che necessariamente prende una direzione. Conviene allora nel trattamento scegliere la direzione che noi vogliamo dare a questo scambio quasi neutro. I risultati che abbiamo ottenuto nel gruppo di controllo ci mostrano che con l’aiuto di un semplice fulcro tissutale, anche se questo è privo di intenzione benefica, si osservano degli effetti normalizzanti il che conferma l’efficacia di un fulcro per mezzo del contatto umano. Infine, il fatto di non dialogare con i tessuti ci ha mostrato che ciò poteva darci una percezione maggiore dei movimenti nei tessuti del paziente, che la percezione del tempo era alterata di modo che il tempo sembrava molto più lungo ( Tricot dice che questo fenomeno si presenta in genere quando noi non siamo sufficientemente presenti ) ed infine che il fatto di tentare di ridurre gli scambi causava in tutto il corpo dello sperimentatore una rigidità importante che assomiglia a ciò che noi sentiamo quando tocchiamo una zona di blocco in un paziente : volendo ridurre la possibilità di dialogo percepiamo una densificazione di tutto il nostro corpo.

Conclusione

Quando trattiamo in osteopatia, noi ci serviamo di diversi mezzi per aiutarci e facilitare il lavoro. Questi processi interni sono spesso molto personali e difficili da spiegare. Il nostro studio rivela che i dettagli di questi processi sono sicuramente poco importanti, mentre vi sono delle direttive inevitabili che noi approfondiamo, ognuno a modo suo, nel corso di tutta la nostra vita. L’intenzione che noi veicoliamo nel trattamento supera il semplice pensiero che proiettiamo, la nostra intenzione è, in verità, la somma di tutto ciò che noi siamo e la direzione che prendiamo.
Noi pensiamo che il nostro lavoro sorpassi di gran lunga ciò che succede a una semplice articolazione cranica in osteopatia; l’intenzione si applica a tutto il corpo e ben oltre. Essa oltrepassa la pratica dell’osteopatia o di qualsiasi altra terapia, è un fenomeno della vita. Come spesso succede, l’osteopatia ci offre un mezzo importante per toccare e sentire la realizzazione di questo fenomeno, per sentire delle forze più grandi che agiscono sul nostro universo tangibile.

L’interesse di questo lavoro non è tanto nella conoscenza che rivela, ma nelle possibilità che apre. Sta ai lettori accettare o no di fare il proprio cammino. Poiché siamo in genere chiusi dal nostro atteggiamento mentale, può essere importante utilizzare le conoscenze ma anche l’esperienza per avanzare e spostare i limiti di questo mentale. Tutte queste conoscenze non servono a niente se sono solo accatastate, esse devono suscitare un cambiamento interiore, uno sviluppo, una trasformazione.
Abbiamo più difficoltà a percepire ciò di cui si ignora l’esistenza, anche se questo ci è presentato chiaramente: ciò implica dunque che nel quadro di un lavoro in cui le nostre percezioni sono i nostri limiti, noi dobbiamo fare in modo di fare cadere le barriere e di allargare i nostri orizzonti, di restare aperti a ciò che noi afferriamo difficilmente per giungere a percepire di più. 
Le nostre convinzioni vanno ad influenzare i risultati che i nostri pazienti arrivano ad ottenere. E’ dunque importante capire ciò che noi crediamo essere i nostri limiti personali, i limiti dell’osteopatia e i limiti del paziente. I nostri pensieri e le nostre convinzioni hanno la capacità di sostenere o di frenare i risultati del paziente.

Un’altra nozione, che è la pietra angolare di questo lavoro, è la nozione di non-separabilità o di unità del tutto. Questa nozione va probabilmente molto più lontano di quanto lo si possa credere. Noi la scopriamo poco a poco attraverso differenti campi di ricerca. Gli studi sulla coscienza, la fisica quantistica, la cosmologia, la biologia, l’ecologia, le scienze sociali e la psicologia non sono che alcuni campi che affermano, ciascuno alla loro maniera, questa unità tra il mondo e noi.
La comprensione della profondità di questi legami ci permette di vedere il mondo con un altro occhio, di comprendere l’influenza profonda che noi abbiamo sul nostro ambiente.

Noi siamo giunti, in una certa misura, ad osservare una influenza dell’intenzione del terapeuta sulla SSB dei pazienti. Ma crediamo che non sia altro che la punta dell’iceberg. Tutto ci porta a credere che la nostra intenzione possa agire non solo su altri fattori fisiologici, ma anche su diversi elementi del mondo che ci circonda. Per il terapeuta nella sua pratica, questo è un richiamo serio ad un cammino personale e ad un desiderio di evoluzione della coscienza al fine di comprendere il suo giusto posto nel mondo e di contribuire al miglioramento di tutti.

Contatti

Questo articolo presenta un esame rapido della ricerca nel suo insieme ma tuttavia non permette di vedere tutta la profondità del lavoro originale. Ci sarebbero troppe nozioni da spiegare e troppe riflessioni da fare. Io invito dunque il lettore interessato a saperne di più a prendere conoscenza del lavoro completo. Per questo, invito il lettore a:

christianosteo@yahoo.ca

consultare il testo completo del mio lavoro, in francese, sul sito di Pierre Tricot.

Christian Bérubé

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