Sutherland raccontato da Henry O. Louwette
Henri O. Louwette D.O.
A seguito della formazione osteopatica a Parigi, a Maidstone e poi negli Stati Uniti, ha conosciuto e lavorato con A.Becker e A.Wales. Ha partecipato a corsi di R.Becker, Mitchell, Fulford, Frymann e Jealous. Ha tradotto poi, sotto l’egida dell’Accademia Osteopatica Francese, i testi più importanti di Sutherland.
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La prima domanda che vorremmo farle è da dove viene il suo interesse specifico per Sutherland?
<<La ragione per la quale ho scelto Sutherland è perché ho avuto occasione di incontrare degli allievi di Sutherland, di parlare con loro di ciò che avevo letto di Sutherland: l’ideale sarebbe stato poter parlare di Still ma non c’era più nessuno sopravvissuto all’epoca. Ma forse anche perché in un certo senso sono stato affascinato dal personaggio perché ha fatto un cammino scientifico molto rigoroso ma era anche nella stessa linea di Still e considerava l’osteopatia una scienza ma anche un’arte e tutta la sua vita è la rappresentazione di questo cammino. Non è qualcuno che parla di ciò che fa ma è qualcuno che fa e che poi cerca di trasmettere agli altri e questo per me è molto importante. Avevo come base i testi di Sutherland e per me il suo linguaggio era più facile da capire rispetto a quello di Still: quindi per alcuni anni ho studiato i testi di Sutherland sino a che ho ritenuto di avere degli elementi abbastanza consistenti per iniziare ad avere degli scambi con i suoi allievi. Molto spesso durante questi confronti mi sono reso conto che c’erano delle cose che non avevo capito bene, perché probabilmente c’era una certa distanza tra un testo che si legge e la discussione con qualcuno che ha vissuto con lui e ha potuto praticare con lui>>.
A parte il famoso cranio scoppiato nello studio di Still, che cosa pensa che abbia davvero mosso la mente di Sutherland nella sua elaborazione del concetto craniale?
<<Ciò che ha fatto sì che Sutherland si applicasse al cranio piuttosto che ad un’altra parte del corpo, è che si è posto una domanda fondamentale rispetto al temporale e al parietale. Ora tutti conoscono la storia del temporale che è simile alle branchie di un pesce, ma io credo che la curiosità fondamentale di Sutherland fosse quella di volere andare oltre una prima intuizione e di poter applicare al cranio ciò che aveva capito di Still. Nei primi dodici anni successivi al suo diploma non si è occupato particolarmente del cranio nonostante fosse presente nelle sue intenzioni e ha cercato di proporre e di mettere a punto delle tecniche che fossero più in linea con Still ma, nello stesso tempo, ha cercato di comprendere che cosa succedeva all’interno del cranio.
Ciò che è importante capire è che il concetto craniale ha impiegato quasi una cinquantina d’anni per essere messo a punto; tra il momento in cui Sutherland è stato attirato dalla immagine ossea di questo temporale ed il momento in cui ha veramente strutturato il suo pensiero, è passata una vita. Bisogna tenere presente che Sutherland nel corso dei suoi insegnamenti ha dovuto proteggere il concetto cranico e quindi ha potuto parlare con un gruppo ristretto di persone delle sue sensazioni della vita nel corpo ma contemporaneamente era importante per lui trasmettere e stimolare la continuità della ricerca del concetto cranico su dati di base solidi, con la conoscenza dell’anatomia e della meccanica del cranio. Il problema è che, dando una metodologia precisa e alla portata di tutti gli osteopati, alcuni hanno confuso la metodologia con ciò che succede davvero. Questa è la mia opinione personale ma io penso che in un primo tempo Sutherland insegnò le tecniche esterne e, solo dopo che queste tecniche erano state acquisite, permetteva ai suoi studenti di fare la loro esperienza di ciò che erano le forze vitali all’interno del corpo, perché non è qualcosa che si può ridurre a parole o tecniche ma è un qualcosa che si vive attraverso l’esperienza di un processo terapeutico con un particolare paziente. Non si sa praticamente nulla di questa trasmissione, ci sono solo dei piccoli indizi in alcuni scritti di Fulford e tra le righe di R.Becker che era il suo delfino spirituale.
Ma la persona che mi ha fatto capire di più chi era Sutherland è Anna Wales perché è stata la persona che aveva il ricordo di tutto quello che era successo e quando noi avevamo una domanda chiedevamo ad Anna Wales per sapere che cosa pensava e lei trasmetteva, grazie ai suoi ricordi, esattamente ciò che era stato detto senza aggiungere commenti personali. Ma ciò che era eccezionale è ciò che trasmetteva con le sue mani e questo tipo di trasmissione non aveva bisogno di parole>>.
Quale è stata l’evoluzione della percezione in Sutherland?
<<Attraverso la lettura dei testi di Sutherland ho avuto l’ impressione che fosse una persona molto meccanicista, perché ha approcciato il cranio a partire dalla prima immagine ossea che aveva avuto . Quando si guarda alla storia del suo cammino, si vede che ha passato dei mesi a smontare il cranio con lo scalpello e quindi ha approcciato l’essere umano a partire dalla sua struttura ossea, meccanica e adattativa; ma bisognava che ci fosse qualche cosa che metteva in movimento questo meccanismo. E’ partito quindi dalla nozione di equilibrio tra le articolazioni e i legamenti che era stata messa a punto da Still e ha cercato di applicare questo principio a livello delle membrane del cranio, poiché aveva capito che le ossa sono incluse nelle membrane e quindi c’era un supporto più soffice che permetteva di avere sempre un equilibrio nella scatola cranica e così ha potuto concepire le membrane di tensione reciproca e che qualunque sia la posizione del cranio l’equilibrio viene rispettato.
Dopo questo passaggio ha guardato cosa c’era dentro al cranio e si è accorto che c’era il cervello, c’era il sistema nervoso centrale ma c’era anche un sistema liquido particolare specifico per il cranio mentre nel corpo il sistema liquido di equilibrio era il sistema linfatico. All’epoca c’era il concetto della circolazione del liquido cefalo-rachidiano ma quella che lui sentiva nelle mani era piuttosto una fluttuazione. Il libro sul quale Sutherland studiava di più era quello sulla natura, come Still, ed era soprattutto interessato al movimento delle maree perché era un qualche cosa che assomigliava a quello che sentiva nelle sue mani e, come Still, era alla ricerca di una metafora per capire meglio le cose, quindi per la fluttuazione dei liquidi ha cercato un sistema di comparazione nella natura.
Non aveva però ancora trovato che cosa metteva in atto la fluttuazione del LCR e cosa metteva in movimento le membrane e pure le ossa. La sua domanda era cercare di capire cos’era questa potenza, cos’era questa forza che metteva in movimento questo meccanismo e lo manteneva e che era capace di risolvere le lesioni da solo. Sutherland era credente, si è ispirato al testo biblico come aveva fatto Still e ha parlato di “soffio di vita”; ci sono due o tre testi nei quali fa riferimento al “soffio di vita”.
Qui le cose possono complicarsi perché bisogna porsi la domanda di cos’è il “soffio di vita”: se prendiamo la letteratura biblica classica Dio ha soffiato nelle narici di Adamo e gli ha dato la vita. Per me questo è un concetto metaforico perché durante tutta la vita Sutherland ha comunque cercato di capire come funzionavano le cose e nel cercare di capire è stato obbligato a sviluppare la sua percezione in maniera sempre più fine. La mia ipotesi è che, a partire da un certo momento, era capace di percepire con esattezza la qualità della vita che è chiamata “soffio” in molte culture (cristiana, musulmana, cinese etc.): praticamente in tutte le culture si parla di questo “soffio” che è la manifestazione della vita. E’ un meccanismo che io non comprendo ma che constato. Penso che fosse la stessa cosa per Sutherland ma siccome lui era credente, poteva attribuire questo “soffio di vita “ a Dio, ma questa era la sua visione e riguardava solo lui. Invece abbiamo più spiegazioni se guardiamo i testi di Still che è più esplicito; parla del Dio della natura o del grande architetto o delle forze che governano l’universo e queste forze non appartengono all’uomo; detto in altro modo non è l’uomo che può decidere cosa si può fare durante un processo di guarigione. Still e Sutherland erano dei grandi ricercatori e, probabilmente, con un dono particolare; bisogna rispettare il quadro delle loro credenza perché anche quello è un modo di esprimere l’ammirazione e l’incomprensione del mistero della vita. Personalmente per me rimane sempre un grande grande mistero e non ho alcuna idea di cosa succeda dopo la morte ma non ho alcuna idea preconcetta rispetto a ciò perché non ho una credenza religiosa e mi lascio sorprendere dall’avvenire>>.
Che cosa intendeva Sutherland quando parlava di “visualizzazione” durante la palpazione?
<<Penso che sia qualcosa che appartiene a Sutherland, perché lui era in grado di visualizzare le cose: ma non sono sicuro che visualizzasse le cose secondo l’anatomia anche se faceva dei corsi che chiamava “il cammino del pesciolino”, durante i quali invitava gli allievi a percorrere l’anatomia del cervello, delle cavità, degli spazi interventricolari. Io non sono sicuro che lui avesse una visione anatomica delle cose; aveva probabilmente una visione da “visionario” nel senso che era probabilmente in grado di capire e vedere cose che gli altri non erano in grado di vedere. Ciò che è importante è che ha incoraggiato i suoi allievi a visualizzare ciò che succedeva sotto le loro dita perché lui ha detto questa frase importante delle “dita che sentono, che pensano, che vedono”.
Ma la vera domanda è che cosa intendiamo con vedere. Sono le immagini alle quali siamo abituati attraverso il nostro apparato visivo o è la capacità di vedere il campo vitale all’interno di un corpo? Quando diciamo vedere possiamo usare altri termini; vedere può essere qualcosa di percettivo. Personalmente ho una scarsa visualizzazione intesa come immagini così come la pensiamo; al contrario percepisco molte cose con molta precisione e, se seguo un processo terapeutico, sono capace di descrivere perfettamente cosa succede dal punto di vista anatomico ma non ho immagini dell’anatomia. Ho l’immagine di qualcosa di vivo che corrisponde all’anatomia, non certo quello che vedo in una dissezione anatomica. Come diceva R.Becker studiare l’anatomia su di un cadavere è come cercare di percepire l’energia di un albero abbracciando un palo del telefono. Io penso che quando Sutherland ci invitava a sviluppare la nostra visione lui non parlava di immagini di anatomia ma piuttosto della nostra capacità di percepire e di rappresentarci le correnti vitali all’interno del corpo e il sistema di regolazione di questi campi vitali.
Amo molto questo termine che è molto utilizzato da R. Fulford. Fulford sostiene che il corpo elettromagnetico o corpo energetico sia il supporto che permette al campo vitale di circolare nel corpo. Quindi il campo elettromagnetico non è il campo vitale ma è il campo che permette alla vita di circolare, quindi è qualcosa non tanto di anatomico ma piuttosto di energetico che è quello che ritroviamo nelle culture orientali>>.
Si dice che Sutherland non fosse tanto espansivo con i suoi allievi mentre con R.Becker aveva instaurato un rapporto particolare, molto stretto. Come mai secondo lei?
<<Non lo so, ma so quello che ho saputo dai suoi allievi. Effettivamente Sutherland non era una persona molto espansiva, cercava di esser il più vicino possibile a ciò che percepiva e quindi dava poco spazio all’emotività , cosa che è detta anche da sua moglie nel libro “ With Thinking fingers” ma non so altro, è solo una impressione la mia. Su R. Becker posso essere più preciso perché ho avuto occasione di incontrarlo e fare alcuni corsi con lui. Anche lui non parlava molto, era un uomo di poche parole, era difficile avvicinarsi a lui. Al contrario Alan Becker è stato il mio mentore per una quindicina di anni. Aveva un carattere completamente opposto, era una persona che amava la vita, amava mangiare, bere, fumare, andare in barca, stare al sole. E’ l’uomo che io ho conosciuto; era molto gentile, ho passato molto tempo con lui.
La cosa che mi ha impressionato di più in lui è la sua stabilità quando trattava un paziente e la poca influenza che poteva avere un paziente sul suo trattamento. Posso raccontare un aneddoto. Il suo ambulatorio era molto piccolo, c’era poco spazio attorno al lettino e lui doveva trattare una bambina di pochi anni e la sua mamma. Nell’ambulatorio c’era lui, la bambina, la mamma , la nonna ed io che stavo in un angolo il più fermo possibile. Prima ha trattato la bambina senza problemi anche se la bambina si muoveva molto; poi, al termine, la bambina avrebbe dovuto uscire con la nonna intanto che A.Becker trattava la mamma, ma la bambina non voleva andare. Lui non ha detto nulla, la mamma si è messa sul lettino e la bambina si è seduta sulla pancia della mamma e, per tutta la seduta, la bambina metteva le dita nel naso e negli occhi della mamma, le metteva le mani sul seno e nessuno diceva nulla. Io ero sconcertato e friggevo per un comportamento del genere, la mamma subiva i dispetti della bambina e Alan se ne stava al cranio impassibile. Poi il trattamento è finito e quando siamo rimasti soli Alan mi ha detto: “Hai visto come la mamma si è lasciata trattare dalla bimba?”, e io : “ Io stavo diventando matto. Perché non hai detto niente?” . E lui mi ha risposto: “ Questo non mi ha impedito di lavorare, non era un mio problema”. Questa per me è stata una esperienza straordinaria perché ciò significa che se noi siamo veramente in contatto con il meccanismo, non importa quello che succede attorno e io, quella volta, non sarei stato capace di agire così. Alan Becker mi ha insegnato molto, non sulla osteopatia ma sulla vita>>.
J.Jealous dice che con il suo approccio biodinamico ha ripreso fedelmente i concetti di Sutherland. Lei è d’accordo?
<<Sì perché alla base c’è questo. I primi corsi di J.Jealous riprendono esattamente i principi di Sutherland; veramente i principi, non la metodologia, non il fatto di fare una flessione, estensione, una torsione, un side-bending. Ciò che J.Jealous insegna, il primo gesto che facciamo con un paziente, è di lavorare con il movimento presente, non di lavorare con quello che noi immaginiamo di andare a fare. Questa è veramente la cosa più importante. La seconda cosa che insegna è che il processo terapeuticoè un fenomeno di espansione che non si ferma mai, ma che è limitato dalla struttura anatomica, fisiologica, metabolica; il limite è naturale, non traumatico. Ma nell’insegnamento J.Jealous porta anche i principi di R.Becker e in più il suo apporto personale; il più importante è la sua riflessione sull’embriologia , in particolare sull’embriologia di Blechschmidt. Poi il resto appartiene più alla personalità di J.Jealous e questo va molto bene perché ci vuole qualcuno che continui, non ci possiamo fermare agli scritti di Sutherland o di Becker. Il termine biodinamica non appartiene all’osteopatia; è un termine che dice che la vita è qualcosa che si muove, qualcosa di dinamico. Quindi è vero che J.Jealous si basa sui veri principi di Sutherland. Non prende in considerazione il Cranial Rithmic Impulse perché è un qualcosa che è venuto dopo Sutherland, nel 1961. C’è un articolo di Woods e Woods che ne parla; è un articolo interessante perché si capisce che il CRI è un interrogativo clinico, non una legge e non ho mai capito come di un quesito clinico si sia fatta una legge salvo forse per la volontà di dare delle prove scientifiche all’osteopatia. Ma sono io che lo dico, è una opinione personale>>.
Come definirebbe il concetto di “salute” per Sutherland?
<<Io penso che il concetto di salute di Sutherland non fosse diverso dal concetto di salute di Still e che viene sempre rimesso in gioco perché tutti i giorni subiamo dei traumi fisici, psicologici, metabolici, sociologici, famigliari . Se ho capito Still e Sutherland il concetto di salute è la capacità dell’individuo di ritrovare il suo equilibrio da solo, o, se è troppo perturbato, tramite il sostegno o la stimolazione dei suoi meccanismi di autoregolazione. Still e Sutherland pensavano entrambi che non c’era bisogno di una forza esterna per permettere alla salute di esprimersi. Se si guardasse al corpo per come funziona secondo le leggi naturali o divine, e si se applicassero alla lettera queste leggi senza avere l’intenzione di inserire qualcosa di proprio in relazione a queste leggi e cioè, in altre parole, mettendosi al servizio di queste leggi naturali, allora si potrebbe rinforzare o sostenere la capacità inerente dell’individuo di ritornare verso la salute>>.
E questo è anche il suo concetto di salute?
<<Sì , io penso che si debba stare molto attenti a sé stessi, non sempre è possibile e allora serve un aiuto osteopatico esterno, ma se veramente ci mettessimo in ascolto di noi stessi adotteremmo i comportamenti che ci permettono di ritrovare la salute fino ad un certo limite; ma anche quando questo limite è superato e si potrebbe pensare che la causa è persa, possiamo fare un trattamento osteopatico. Personalmente considero che accompagnare qualcuno verso la morte è un processo di vita perché la morte fa parte della vita. La salute dunque potrebbe essere anche andare con serenità verso la morte. Non so come è morto Still né come è morto Sutherland ma so come è morto Alan Becker: stava giocando a carte e, ad un certo punto, non c’era più. So come è morto Fulford: è uscito dalla Clinica dove era ricoverato per venire a trasmettere il suo testamento spirituale e 48 ore dopo era morto. Sono quasi sicuro che Fulford sapeva che dopo due giorni sarebbe morto, ma aveva ancora qualcosa da dire. Non capisco il comportamento di tanti osteopati che non si prendono cura di sé stessi; come si può lavorare in accordo con le leggi dell’universo se si passa molto tempo a intossicare sé stessi mentre, al contrario, bisognerebbe passare molto tempo a disintossicarsi. Io penso che Still e Sutherland dovessero avere una vita ascetica e lo penso perché mi sembra la cosa più logica>>.
Grazie Henry per questa splendida chiacchierata!